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Speleologia nel Laos
I paesi del sud-est asiatico stanno attirando negli ultimi anni l'interesse della speleologia "occidentale", specie quelli, come il Vietnam e il Laos, che solo recentemente hanno liberalizzato il turismo.
Il fascino dell'oriente, insieme alla prospettiva di enormi aree carsiche "inesplorate", fungono da richiamo per viaggiatori e speleologi.
Il Laos, una nazione di 235.000 Kmq, con poco più di 4 milioni di abitanti, si trova fra Cina, Vietnam, Tailandia, Birmania e Cambogia. Non ha sbocchi sul mare e questo, oltre allo svantaggio commerciale, ne limita lo sviluppo turistico. Fra le sue maggiori risorse vi sono il legno e l'energia idroelettrica potenziale. Si calcola che il 50% della vegetazione del Laos sia ancora costituito dalla foresta monsonica, ampiamente sfruttata dai confinanti vietnamiti e tailandesi, in cerca di legno pregiato dopo aver decimato le foreste di casa propria. Le nuove centrali idroelettriche, funzionanti o in costruzione grazie a progetti internazionali, serviranno a produrre energia elettrica da vendere ai paesi confinanti. Stretto tra la potenza politica del Vietnam e quella economica della Tailandia, il Laos rischia però di perdere rapidamente sia le sue risorse naturali che la sua identità culturale.
La prima documentazione sul carsismo laotiano risale ai tempi dell'Indocina francese (Macey, 1908), quando vennero percorsi e descritti alcuni tra i principali trafori carsici del Laos centrale. A partire dal 1992 sono state condotte alcune esplorazioni nella zona di Luang Pha Bang (Mouret 1993), nel Khammouane (Mouret 1993, Mouret & Vacquie 1993, Mouret et alii 1994, Broquisse & Mouret 1996, Gregory 1996) e nei dintorni di Vang Vieng (Gregory 1996)
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